giovedì 14 maggio 2009

Quanto possiamo photoshoppare?


Da qualche settimana nel mondo della fotografia di reportage non si parla altro che della ormai famosa vicenda del reporter danese Klavs Bo Christensen e del suo altrettanto famoso lavoro su Haiti, escluso dal concorso Danish Photographer of the Year 2009 per “eccesso di Photoshop”.
In effetti il buon Christensen ha avuto un po’ la mano pesante, e che rimanga tra noi, secondo me lo ha fatto perché le foto originali erano un po’ scarse…;)
Il succo del discorso però è il seguente: quanto è lecito intervenire nella “alterazione” (attenzione, non manipolazione) della realtà con l’uso massiccio del famoso programma di Adobe?Personalmente non sono un patito di Photoshop. Uso una versione vecchissima e mi basta. L’alterazione, ma anche la manipolazione, in fotografia esiste da molto tempo. Non spariamo subito sul digitale perché mostri sacri come Eugene Smith e Ansel Adams, solo per citarne un paio, usavano dei bei trucchetti in camera oscura per migliorare le proprie immagini ancora prima che il digitale fosse nelle menti di chi lo ha concepito.
Sono convinto che la fotografia sia un mezzo espressivo fantastico, anche nel fotogiornalismo dove, in teoria, e sottolineo in teoria, si dovrebbe essere più oggettivi possibili.
Nel mio lavoro ho sempre cercato un linguaggio mi personale che raccontasse delle storie “vere”, con una forza espressiva ed “evocativa” che rendesse ancora più incisiva la realtà raccontata. Non ho mai sostituito o tolto niente, ma ammetto di aver usato livelli e maschere di contrasto. Mi sento sotto accusa? No, assolutamente, penso di non aver mai cambiato il senso della realtà che mi si è posta davanti.
Penso che la risposta stia nel buonsenso. E’ lecito l’utilizzo di Photoshop nella misura in cui tale alterazione non provochi una reazione spontanea di disapprovazione anche agli occhi dell’osservatore. Tengo a sottolineare il termine alterazione (dei colori) e non manipolazione della foto, qui chiaramente non esiste dibattito, sono contrario alla manipolazione, e come me credo lo siano tutti quelli che rispettano e cercano di fare questo lavoro con passione e lealtà. Sono convinto che il limite oltre il quale non è più lecito andare sia dentro di noi, anche se a volte parlare di etica del fotogiornalista è difficile. Ma questo è un altro discorso.

Sempre sia la buona fotografia.

Fausto Ligios

sopra foto: una delle immagini incriminate nelle due versioni (fonte http://www.pressefotografforbundet.dk/ © Klavs Bo Christensen)